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E 8!

Finché non capita a te, non immagini sia possibile: Mr P. che mi depila e la sera prima di andare a letto, mi fa un bel massaggio alle gambe, visto che un giorno si e uno no, le mie caviglie somigliano ad uno zampone; questo tempo mi serve nuovamente per farmi sentire sicura sotto il suo tocco, mi fa sentire a casa. E sono grata per avere lui come compagno di vita e di avventure, che anche se è stato a lavoro tutto il giorno, è sempre pronto ad aiutarmi, a fare le cose al posto mio, ad essere un ottimo  marito (e sono sicura un bravo papà, anche se ha spesso la testa tra le nuvole).

La mia scelta

Quando l’infertilità ha fatto capolino nella nostra vita, il primo impatto con il mondo esterno è stato quello della vergogna. Abbiamo sperimentato, come altri specie all’inizio, una dolorosa solitudine con la difficoltà a parlare di questa condizione con parenti e amici, soprattutto quelli con figli.

L’infertilità ci ha sottoposto a stress, sia al momento della comunicazione della diagnosi sia nella sua elaborazione e durante l’accettazione del percorso di PMA.

Quello con il nome strano

In questo periodo, si stanno accavallando un po’ di cose da fare, sia perché a forza di procrastinare sono
rimasta che le devo ancora fare, sia perché sono un po’ più stanca e più lenta, quindi ci metto realmente più tempo a farle.

Tra queste cose, arriva il momento di pensare a quel “tipo strano”, perché sia le amiche che al corso pre-parto, si inizia a parlare degli esercizi di Kegel, per tonificare il perineo e il pavimento pelvico. Questi sono muscoli che non si vedono ma che sono molto importanti: sia l’uomo che la donna dovrebbero allenarli per non andare incontro a disturbi fastidiosi.

Un anno dopo

Stesso posto, stessa situazione, ma io sono diversa.

L'anno scorso in questo periodo, scrivevo un post su come la quarantena ci stesse inglobando nei primi giorni, giorni fatti di pulizie, colazioni golose, abbracci e tempo da passare con mio marito. Oggi invece, non mi cambia poi molto rispetto a qualche giorno fa, perchè continuo a stare a casa tranquilla, mio marito va a lavoro come tutti gli altri giorni e se mi affaccio, non mi pare che tra traffico e via vai di gente, sia cambiato poi molto. Anzi, sono scesa a fare la spesa ed eravamo in 2 in tutto il supermercato (qui potete dare una letta al post dello scorso anno).

Donne

Ho conosciuto tante ragazze e donne in questi anni, alcune le ho incontrate dal vivo, ci siamo conosciute tra punture e sogni, o abbiamo fatto in modo di conoscerci. Oppure ci sono quelle con cui condividiamo pagine di blog, con scritture fitte e commenti piccati; ci sono quelle dei social, che come me si nascondono dietro le paure e le ansie di questo percorso di PMA.

Ma quello che ci rende tutte uguali, è la forza che abbiamo, il coraggio con cui con i nostri compagni (a volte combattiamo anche contro di loro, come se avessimo davanti i mulini a vento), ci mettiamo anima e corpo in questo progetto chiamato FIGLIO.

Numero, numero... 3!

Contemplo la mia pancia muoversi sotto le maglie larghe, mentre il signorino chissà che starà facendo – si starà esercitando per fare il calciatore, il karateka o la trottola? Mi sveglia anche di notte, ma poso la mano sulla pancia e lui si calma ed insieme riprendiamo sonno.

A volte ancora non mi sembra vero di essere incinta, di essere io quella con due cuori che battono insieme, quella con la pancia gigante mettendosi davanti lo specchio. Ma poi, poggio le mani sulla pancia e ascolto. E cerco di non tralasciare nessuna vibrazione, perché non voglio perdermi niente di questi mesi che scorrono veloci. E già so, che questi momenti mi mancheranno.

Il nido

Arriva ad un certo punto, un fremito dentro (e non sto parlando dei primi calcetti del piccolo), una condizione che proprio non ti fa restare con le mani in mano, quindi per la serie del “ce l’ho, ce l’ho, mi manca”, ovviamente questa ce l’ho e non mi potevo far mancare quella che viene chiamata “la sindrome del nido”.

In cosa consiste? Nell’organizzare gli spazi, nello spostare i mobili, nel voler sistemare gli armadi. Sono diverse le attività che ci prendono la mano, quindi gli ultimi mesi di gravidanza, sono quelli più convulsi sotto questo punto di vista. Proprio come gli uccelli che costruiscono nidi per proteggere i loro piccoli, anche noi ci prepariamo a creare un ambiente sicuro per il bimbo in arrivo.

Sarò capace?

Un bambino cercato, voluto, amato così tanto, da non pensare mai a quello che viene dopo la pancia e la gravidanza.

Prima è tutta l’emozione di scoprire il test positivo, poi godersi quei momenti che rendono unici l’attesa. Ma ad un certo punto, quando inizi a pensare a questa vita a tre, iniziano a sorgere i primi dubbi: “sarò capace di fare la mamma? L’ho sempre sognato, ma in pratica, come si fa?”

Ci piace chiacchierare

Ho scritto questo post, perché alcune persone più grandi hanno commentato e giudicato la mia gravidanza. Come al solito, leggetevi qualche critica, ma anche quel velo di ironia che mi contraddistingue.

Qualche anno fa, una nota pubblicità recitava lo slogan “quanto ci piace chiacchierare” ed è vero, perché molte persone, sentono che devono dire sempre la loro, dare la loro sentenza o consiglio non richiesto.

E questo vale in tutti i campi della vita: se mangi le verdure, da grande sarai forte come Braccio di Ferro; se fai così, poi te ne pentirai…; bastava applicarti di più e ora, non ti staresti lamentando… E via discorrendo. Ovviamente, quando una donna è incinta, non ci sono solo i familiari più stretti (alias madre e padre) che puntano il dito, commentano o consigliano, ma tutto il circondario sente di avere qualcosa da dire sulla questione.

Piccole azioni quotidiane

Quello che fino a poco tempo fa sembrava normale, di routine direi, oggi mi sembra che abbia un nuovo “sapore”. Non sto parlando di chissà quale stravolgimento, ma ci sono tanti gesti che abbiamo sempre fatto in automatico, che ora sembrano diversi, perché fatti con spirito e pensieri differenti.

Quando ho affrontato il viaggio dell’infertilità (visite, analisi, momenti solo nostri), cercavo sempre di ritagliarmi un po’ di tempo per una preghiera, per chiedere un miracolo: l’ho sempre fatto guardando al cielo parlando con chi sta lassù, accendendo ceri e candele in giro, facendo soste in alcune chiese particolari, oltre che la sera prima di andare a letto. Ho sempre chiesto di trovare il modo per non soffrire, per far arrivare il nostro piccolo qui, semplicemente per farci essere felici.

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