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Il nido

Arriva ad un certo punto, un fremito dentro (e non sto parlando dei primi calcetti del piccolo), una condizione che proprio non ti fa restare con le mani in mano, quindi per la serie del “ce l’ho, ce l’ho, mi manca”, ovviamente questa ce l’ho e non mi potevo far mancare quella che viene chiamata “la sindrome del nido”.

In cosa consiste? Nell’organizzare gli spazi, nello spostare i mobili, nel voler sistemare gli armadi. Sono diverse le attività che ci prendono la mano, quindi gli ultimi mesi di gravidanza, sono quelli più convulsi sotto questo punto di vista. Proprio come gli uccelli che costruiscono nidi per proteggere i loro piccoli, anche noi ci prepariamo a creare un ambiente sicuro per il bimbo in arrivo.

Sarò capace?

Un bambino cercato, voluto, amato così tanto, da non pensare mai a quello che viene dopo la pancia e la gravidanza.

Prima è tutta l’emozione di scoprire il test positivo, poi godersi quei momenti che rendono unici l’attesa. Ma ad un certo punto, quando inizi a pensare a questa vita a tre, iniziano a sorgere i primi dubbi: “sarò capace di fare la mamma? L’ho sempre sognato, ma in pratica, come si fa?”

Ci piace chiacchierare

Ho scritto questo post, perché alcune persone più grandi hanno commentato e giudicato la mia gravidanza. Come al solito, leggetevi qualche critica, ma anche quel velo di ironia che mi contraddistingue.

Qualche anno fa, una nota pubblicità recitava lo slogan “quanto ci piace chiacchierare” ed è vero, perché molte persone, sentono che devono dire sempre la loro, dare la loro sentenza o consiglio non richiesto.

E questo vale in tutti i campi della vita: se mangi le verdure, da grande sarai forte come Braccio di Ferro; se fai così, poi te ne pentirai…; bastava applicarti di più e ora, non ti staresti lamentando… E via discorrendo. Ovviamente, quando una donna è incinta, non ci sono solo i familiari più stretti (alias madre e padre) che puntano il dito, commentano o consigliano, ma tutto il circondario sente di avere qualcosa da dire sulla questione.

Piccole azioni quotidiane

Quello che fino a poco tempo fa sembrava normale, di routine direi, oggi mi sembra che abbia un nuovo “sapore”. Non sto parlando di chissà quale stravolgimento, ma ci sono tanti gesti che abbiamo sempre fatto in automatico, che ora sembrano diversi, perché fatti con spirito e pensieri differenti.

Quando ho affrontato il viaggio dell’infertilità (visite, analisi, momenti solo nostri), cercavo sempre di ritagliarmi un po’ di tempo per una preghiera, per chiedere un miracolo: l’ho sempre fatto guardando al cielo parlando con chi sta lassù, accendendo ceri e candele in giro, facendo soste in alcune chiese particolari, oltre che la sera prima di andare a letto. Ho sempre chiesto di trovare il modo per non soffrire, per far arrivare il nostro piccolo qui, semplicemente per farci essere felici.

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