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La mia scelta

Quando l’infertilità ha fatto capolino nella nostra vita, il primo impatto con il mondo esterno è stato quello della vergogna. Abbiamo sperimentato, come altri specie all’inizio, una dolorosa solitudine con la difficoltà a parlare di questa condizione con parenti e amici, soprattutto quelli con figli.

L’infertilità ci ha sottoposto a stress, sia al momento della comunicazione della diagnosi sia nella sua elaborazione e durante l’accettazione del percorso di PMA.

Non si riesce a credere che stia accadendo davvero; si sperimentano un insieme di emozioni non facili da descrivere che corrispondono ad un vero e proprio lutto per la perdita del “bambino desiderato”. L’impossibilita di procreare ci ha fatto sentire per anni “fisicamente malati o difettati”, privi di valore, incapaci di poter raggiungere questo obiettivo importante nella vita di coppia (quando intorno spuntavano pance a più non posso).

L’ho detto molte volte, nell’affrontare ed accettare l’infertilità e la scelta di sottoporsi a tecniche di PMA, alcune coppie rafforzano il loro rapporto e superano insieme questa crisi, usufruendo delle proprie risorse nella relazione a due. In altri casi, i partner possono trovarsi distanti, incapaci di confrontarsi e consolarsi. Vi ho raccontato che noi facciamo parte del primo gruppo. Non ho mai addolcito la pillola dicendo “siamo stati perfetti e sempre sulla stessa lunghezza d’onda”, ma anche durante i momenti delicati, siamo riusciti a tornare a galla insieme, ed arricchiti.

E così, anche per aiutarmi, ho deciso nel dicembre 2017 di iniziare a scrivere un blog, un diario di questo percorso che ci ha lasciati un po’ scombussolati; ho trovato online tanti altri blog/diari e ho pensato fosse la soluzione giusta per sentirmi “un po’ meno sola”.

Ho scelto di essere anonima, nel rispetto mio e di mio marito, ma anche della nostra famiglia: questa è una condizione “privata” e non tutti i membri della famiglia vogliono essere identificati con “quelli della coppia infertile senza figli”. Lo so che ora storcerete in naso, ma a volte un po’ la mentalità chiusa ha anche questi pensieri.

Ho continuato in questi anni ad essere anonima in rete, senza però avere vergogna nel raccontarlo ad alcuni amici, sapendo che invece il confronto con loro mi avrebbe fatto bene, avrebbero trovato le parole giuste e sicuramente avrebbero aperto le loro braccia per accoglierci.

Ed oggi, ancora sono convinta che questo anonimato vada rispettato. In questi anni ho raccontato più dettagli intimi che altro, non mi pesa pensare alle cose non proprio simpatiche che ho scritto, ai commenti pochi gentili che ho elargito, ma non voglio ANCORA metterci la faccia. Non è solo una questione MIA, ma che coinvolge più persone.

Mi dispiace pensare che “essendo anonima” molte persone non riescano a pensare che io sia vera, che non possano identificarsi etc… ma tutto quello che ho raccontato è sempre stato VERO, il mio dolore, le mie punture, le perdite, le esperienze, le gioie… Io esisto, ho un cuore che batte e ho voglia di continuare a raccontare la nostra storia e chissà che con il tempo, non scopra qualcosa in più di me.

Nell’ultimo periodo mi sono sentita un po’ tagliata fuori dalla rete, proprio perché “non ci ho messo la faccia”, ma ripeto, è una questione di rispetto a 360° e credo sia giusto che venga presa in considerazione.

Ci sono, ci sono per chi vuole un consiglio o per chi ha voglia di una spalla (per ridere, per piangere, per confrontarsi), per chi non sa dove guardarsi intorno e vuole trovare il bandolo della matassa.

Non sono un medico, non sono una psicologa, sono una delle tante donne (siamo una delle tante coppie) che ha da sempre pensato “a quando sarò madre” e si è trovata in un limbo strano, quindi, non posso dare consigli tecnici, ma posso offrirti il mio affetto ed empatia.

E se pensi che sia più importante la mia faccia che il mio vissuto (su e giù sulle montagne russe), fammelo sapere, parleremo anche di questo e ti spiegherò nuovamente LA MIA SCELTA.

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