In questo periodo sono molto riflessiva. E osservatrice. Guardo che succede intorno a me e mi faccio delle domande.
Nel “gruppo PMA” che frequento su Instagram, in questi giorni stanno succedendo un po’ di cose, tipiche di chi affronta questo percorso: c’è chi inizia la stimolazione; chi deve intraprendere il pick-up; chi è ad un passo dal transfer; in attesa delle beta o con i referti in mano.
Non lo so se è l’impressione, ma negli ultimi anni mi sembra che siamo aumentate noi coppie da PMA e forse si è abbassata anche l’età di queste coppie (mi è capitato di commentare questa cosa con mio marito l’ultima volta che siamo stati in sala d’attesa al Centro).
E allora, perché mi soffermo a pensare? La mia non è assolutamente una critica, non vuole essere la parola di una persona saccente, ma mi chiedo: io quando ho iniziato questo viaggio chiamato PMA, ero così con la testa tra le nuvole, come mi sembrano alcune di queste ragazze oggi?Mi sono sempre informata su quello che stavo o avrei dovuto fare; controllavo e confrontavo numeri, dosi, giorni con le “mie amiche della PMA” ma comunque sempre dopo aver cercato di capire; mi è sembrato di fare sempre domande pertinenti, sia ai medici che alle altre ragazze. Oggi mi sembra che molte, la prendano un po’ alla leggera. Si parla di medicine e quasi non sanno a che servono (eh, me l’hanno data); non si pongono il problema di poter risultare pedanti e magari avere poco tatto, anche se c’è sempre qualcuno ad aiutarle, non è che “tutto è dovuto”; non riescono ad interpretare valori vari (anche con tabelle annesse) e continuano a chiedere “com’è? com’è? com’è? – e talvolta è così palesemente positivo che qualcuna ci rimane anche male.
Ma si, direte, è la goffaggine delle “principianti”, si ci sta, non lo nego.
Ma siamo sempre così dannatamente collegate al mondo internet, che magari 2 googlate a volte non fanno male a nessuno. Tutte noi così ci siamo istruite e con il passaparola delle veterane (e ora le veterane siamo noi, che facciamo le cose ad occhi chiusi, sappiamo la dose esatta di un farmaco o le ore che intercorrono tra una medicina e un’altra), ma non credo che siamo mai state “ignoranti” nel vero senso di ignorare. Io non mi ci sono mai sentita. Ed ora, mi pare di vedere un po’ di superficialità e mi dispiace.
Vorrei prendere le spalle di queste ragazze, scuoterle e dirgli “mi auguro che le cose vadano bene, ma devi farti le ossa, devi sapere che questo mondo è un vortice che ti risucchia. Devi essere pronta a combattere, prima di tutti contro e con te stessa. Via la timidezza, quello che stai affrontando ti potrebbe cambiare la vita, in bene o in male. Sii coraggiosa e non vergognarti a chiedere, ma fallo con causa e vedrai, anche per noi sarà più facile spiegare le cose ed essere il tuo paracadute, se ne avessi bisogno..”
E allora dico: sarà la non consapevolezza, la giovane età o semplicemente la voglia di non pensarci a renderle così? E’ sbagliato che sia così?
Forse si. O forse no.
Forse siamo state noi quelle che sapevano mille cose, che si sono fatte mille e una paranoia, quando invece, sarebbe più facile ignorare e godersi la vita?
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