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Le malattie dei bambini

Quando si cerca un figlio sappiamo bene quali

sono i dubbi e speranze, tutto il circo che gira intorno a questa ricerca impazzita.

Chi come noi ha avuto un figlio grazie alla donazione di gameti, avrà altre cose in più a cui pensare, perché continua a pesare sulla testa di nostro figlio la non conoscenza del 50% del suo patrimonio genetico. Se sembra una cosa da poco conto, realmente non lo è, cioè: già prima che il bambino nasca dobbiamo mettere bene in chiaro con qualsiasi tipo di medico che il bambino che portiamo in grembo è figlio di una fecondazione eterologa.

Il bimbo nasce, cresce e tutti i medici con cui avrà a che fare dovranno/vorranno sapere quali sono le sue origini: origini che neanche noi sappiamo per certo ma non ce ne preoccupiamo, perché non è il sangue quello che conta, non è realmente il suo DNA che ce lo fa sentire più o meno nostro. Siamo sereni, perché chi ha donato i gameti è stato rivoltato come un calzino, è stato sottoposto a molti screening, proprio per non incappare in problematiche mediche. Il donatore della coppia, riceve "lo stesso trattamento", proprio perché la compatibilità deve essere sicura e senza macchia.

Non ci siamo mai preoccupati di questo, sempre sorridendo, ogni volta che abbiamo incontrato un medico che ci chiedeva se eravamo allergici o avevamo malattie in famiglia, abbiamo risposto nella maniera più esaustiva possibile. Abbiamo fatto il nostro dovere come genitori, per proteggere nostro figlio.

Ma il piccolo, prima di Natale sta male. La febbre non scende e la pediatra ci dice che ha la bronchite. Poco male: si rimane a casa, cicli di antibiotici, antipiretico a necessità e tante coccole. Inizia il pellegrinaggio dalla dottoressa una volta a settimana, perché vuole constatare se tutto procede per il meglio: la guarigione però, sembra più lenta del previsto e dopo diverse settimane, la pediatra ci consiglia di sottoporre il bimbo ad un RX torace, perché auscultando ci sono ancora dei rumorini che non le piacciono (premesso che il bambino sta bene, non ha febbre né tosse, gioca, mangia... tutto nella norma).

Quando prendiamo il referto e lo sottoponiamo alla nostra dottoressa, lei ci consiglia, leggendo quello che era stato scritto, una visita da un pneumologo (perché sicuramente può dare indicazioni più mirate, essendo uno specialista) e da un cardiologo, perché risulta un ingrossamento del cuore e, non conoscendo se la famiglia della donatrice possa avere qualche malattia, è meglio indagare.

Abbiamo avuto un paio di giorni di blackout. Chiaramente il tarlo del "chissà se è qualcosa legato al suo DNA" ci è passato più volte per la mente, perché ad un certo punto, inizi a pensare solo a quello. Ho pianto, ma mi sono messa subito al lavoro e sono riuscita a trovare le 2 visite lo stesso giorno, nella struttura ospedaliera pediatrica - ovviamente in intramoenia, sennò avremmo dovuto aspettare 9/12 mesi!!!

Il bimbo è stato in entrambe occasioni molto bravo, abbiamo trovato due medici davvero competenti ed empatici, che ci hanno subito rassicurato: il bambino sta bene, tutto è nella norma, la nostra dottoressa ha voluto "eccedere di zelo" per avere un quadro il più limpido possibile.

Abbiamo ricominciato a respirare a pieni polmoni. Abbiamo ringraziato il cielo, ma ci troviamo con qualche capello bianco in più per lo spavento.

Scrivo questo, perché è importante comunicare ai medici e anche a parte della famiglia, il "modo" in cui sono nati questi bambini, ne va soprattutto della loro salute. Non si può nascondere, non si può negare, ma insieme si può creare una rete di protezione, per farli crescere in ambienti sani e speriamo, con meno pericoli possibili!

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