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Sterilità

L'impossibilità di avere un figlio procura una ferita emotiva profonda quanto più il progetto abbia un peso importante per la coppia.
Il desiderio di genitorialità ha un'origine remota nella nostra storia personale e, per me, è molto radicato. La decisione di voler essere genitore arriva a definirsi attraverso dinamiche che comprendono aspetti personali legati all'istinto, alla cultura, all'ambiente – familiare e sociale, ai pensieri che hanno preso forma nel tempo, all'idea e alle motivazioni che si incontrano con quelle del proprio compagno.

Quando finalmente dall'idea del figlio, si inizia a metterlo davvero in cantiere, la nostra mente inizia a costruire uno spazio affettivo per il bambino che si desidera (uno spazio a 360°, perchè anche se senza volerlo iniziamo a fare cose pensando ad una ipotetica gravidanza).
Il figlio immaginato e desiderato, esiste da anni nella nostra mente; come coppia e come singoli individui da anni nutriamo fantasie, viviamo emozioni e speranze, abbiamo costruito immagini sul futuro, un futuro che non fosse formato solo da noi due.
Oggi sappiamo darci un nome: siamo una coppia STERILE (in quanto impossibilitati nel concepire un bambino), e sentire questa parola ci mette davanti ad un senso di vuoto dato dalla mancanza di quel figlio, sul quale da anni, abbiamo già investito affettivamente.
Diciamo la verità: stiamo attraversando una fase di lutto e abbiamo bisogno di tempo per capire quando sia il momento di voltare pagina e andare avanti. Lo viviamo in modo diverso io e lui, ma il senso di mancanza si fa ben sentire in entrambi: io ho investito tanto anche fisicamente con le stimolazioni e il fatto di aver portato anche se per poco il nostro embrione dentro di me, mi pesa anche di più.

E non vogliamo sentirci una coppia anomala in un mondo in cui, se non puoi avere un figlio, sei tagliato fuori, questo perché molta gente è ignorante, superficiale ed anche un po' stupida.
Forse è vero, a volte penso che si, siamo entrati in un circolo vizioso da cui le emozioni più frequenti sono: rabbia, inadeguatezza, paura del giudizio, senso di colpa.
Immagino che come me, anche mio marito dentro la sua testa si faccia le stesse domande che mi faccio io "Perché proprio a noi? Riusciremo a dare un senso alla nostra coppia ora? Cosa dirà la gente? Perché abbiamo aspettato così tanto?.."

Anche quando guardiamo gli altri che hanno figli (vedete le nostre nipotine o i figli di amici), siamo felici per loro, ma il dolore e la rabbia fanno sempre parte di una metà del mio cuore; la gioia degli altri diventa una parte del nostro dolore accompagnato dai sensi di colpa.

Spero di riscoprire il piacere di stare insieme, di ri-progettare, di viaggiare, di renderci felici con le cose semplici, di amare il nostro lavoro senza vivere per questo.. Ora, cerchiamo di toglierci addosso lo stress, cercando di accettare il momento particolare, sempre parlandone insieme, coltivando altri interessi, senza focalizzarci eccessivamente, e prendendoci cura di noi stessi!
E poi, quando avremmo fatto pace con noi stessi, potremmo prendere in considerazione anche altre strade.

1 commento:

  1. La sterilità è una condizione clinica supportata da referti di esami che stabiliscono l'impossibilità di procreare (assenza di spermatozoi, assenza di gonadi, assenza utero etc...) per tutto il resto si parla di infertilità.

    Non dimenticherò mai queste parole, che mi vennero dette da un endocrinologo del centro pma dove eravamo in cura... Una persona per carità capacissima nel suo lavoro, ma con l'empatia di una chiave inglese tirata con forza sulle ginocchia.
    Eppure quelle sue parole aprirono una prospettiva diversa, una prospettiva che mi faceva sentire meno disgraziata e diversa.

    Questo non cambia la realtà, ma indubbiamente potrebbe essere il primo passo per interiorizzare la botta, per vivere questo lutto e stabilire un punto di partenza.

    La rabbia verso il mondo e la vita che al momento ha deciso così non passerà mai e forse è giusto così, ma quella verso voi stessi no, almeno quella non ve la meritate.

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